Autore: Namkhai Norbu
Contenuto del libro:
«Fondata sulla dottrina cosmologica dei quattro elementi e dei tre umori, vento, bile e flemma, la medicina tibetana sviluppa una visione olistica di salute e malattia, viste come equilibrio e squilibrio dei tre umori»
La medicina tibetana nasce come scienza autonoma nel VII secolo, integrando e armonizzando in una sintesi originale e organica le conoscenze delle altre medicine asiatiche e mediorientali, sulla base di un sistema medico autoctono le cui origini risalgono al secondo millennio a.C. Essa si basa su una dottrina cosmologica che vede l’intero universo come un’aggregazione di particelle infinitesimali, ognuna delle quali contiene la natura e le potenzialità dei quattro elementi: aria, acqua, fuoco e terra. Queste particelle, interagendo nella dimensione dello spazio, considerato il quinto elemento, generano i tre umori vento, bile e flemma, che possiamo considerare come i regolatori delle funzioni fisiologiche dell’uomo.
La condizione di salute e di malattia, sia fisica che psichica, dipende dall’equilibrio e dalla reciproca interazione di tali umori che sono quindi da considerarsi come funzioni complesse. La diagnosi si avvale di sistemi d’indagine originali, finalizzati a indentificare la natura e la sede degli squilibri. La terapia si basa su diverse tecniche riconducibili a cinque categorie: dieta, comportamento, farmaci, terapie esterne e chirurgia. In particolare la ricca farmacopea è composta da prodotti complessi, ottenuti da fonti vegetali, minerali e animali, preparati con tecniche specifiche.
La medicina tibetana è diffusa e praticata in Tibet, Cina, India, Mongolia e Russia, e attualmente sta suscitando un grande interesse nel mondo occidentale, come testimoniano i recenti congressi di Washington e Lhasa.
Il mio voto: ♥♥♥♥♥
La mia recensione:
Meraviglioso, coinvolgente e avvolgente, tanto da stupirmi dall’inizio fino alla fine. Lettura molto scorrevole e veramente adatta a tutti. Una doverosa precisazione mi è data fare: non sono un medico e con questa puntualizzazione ci tengo a sottolineare che la recensione è vissuta esclusivamente dalla posizione di essere umano/paziente che vive nel mondo occidentale.
Questa lettura nella sua semplicità, restituisce un sacco di spunti, input, che si possono riassumere in questa grande riflessione madre: tanto più l’uomo si allontana dalla (Sua) Natura, tanto più l’uomo si allontana dall’Amore. E’ un processo inevitabile.
Ciò che emerge in modo netto e chiaro è che nel mondo occidentale, non solo si è creato un abisso tra medico e paziente, ma anche tra Uomo e Natura. Se si continuerà a rimanere ciechi di fronte a questa evidenza, ovvero si continuerà a non voler vedere che: l’Essere Umano è un insieme nel Tutto, le distanze diverranno incolmabili… Distanze che già ad oggi, risultano piuttosto preoccupati e vicini al punto di non ritorno.
Tenere l’uomo separato dalla Sua Vera Natura e da Tutto il resto, significa predisporlo e farlo vivere nella malattia. E’ un dato di fatto: non c’è guarigione nella separazione.
Come si evince nel libro, l’antica medicina tibetana è consapevole del fatto che per vivere in buona salute l’uomo deve condurre un’esistenza sana ed equilibrata. Questo equilibrio lo si può mantenere solo se si avrà cura di vivere in armonia con sé stessi e con tutto quello che ci circonda. Il medico da parte sua, in qualità di uomo e guaritore, ha l’onere e il dovere di mantenersi costantemente in salute, tendere verso l’illuminazione e lavorare per il bene di tutti gli esseri. Tra le virtù che dovrà necessariamente incarnare troviamo: generosità, costanza e compassione. Dove c’è compassione, sentimenti come: l’amore, la gioia e l’equanimità scaturiscono spontaneamente e senza sforzo alcuno. Intimamente incline all’empatia, alla pazienza, e all’etica, dovrà ricordare a sé stesso ogni giorno e in ogni istante della sua vita, che la sua missione prevede il contatto costante con persone malate e bisognose di aiuto… nel suo lavoro inevitabilmente dovrà toccare con mano la disperazione e la sofferenza.
Le procedure utilizzate dalla medicina moderna se confrontate con le procedure della medicina tibetana, ci fanno indubbiamente comprendere quanto le prime siano lacunose e separative mentre le seconde complesse e complete. Per accompagnare una persona verso la guarigione, il medico tibetano, deve necessariamente comprendere l’origine della malattia: ovvero identificarne la natura e la sede dello squilibrio. Una volta individuata l’origine della malattia, il medico dovrà scegliere con cura la terapia e la farmacopea adatta e migliore per il suo paziente. La farmacopea tibetana (che ahimè non ha nulla a che vedere con la nostra artificiosa e sintetica) è molto ricca e composta da prodotti o preparati complessi. Questi preparati, derivati principalmente da fonti: vegetali, minerali e animali, vengono ottenuti con tecniche specifiche.
Questo antico sapere si basa sull’equilibrio tra microcosmo e macrocosmo, ovvero l’intima relazione tra mondo interno e mondo esterno. Da sottolineare che la conoscenza medica non è scindibile dalla conoscenza astrologica: il medico tibetano laddove ritentuto necessario, si avvale dell’astrologia per meglio comprendere sia il quadro clinico del paziente sia le personali attitudini. Tradizione, antico sapere, minuziosità e olismo sono parte integrante di questa medicina, che viene praticata in perfetta armonia con le leggi del Cosmo e della Natura.
Confrontando le due medicine sorge spontanea l’amarezza nel constatare: la superficialità, la separatività e la ristrettezza del campo visivo e d’azione dei nostri medici. L’ottusità ricade sulla prescrizione ai pazienti di terapie e trattamenti inadeguati, uguali per tutti e spesso dannosi. Far sparire il sintomo utilizzando esclusivamente farmaci sintetici, chimici e di origine artificiosa, produce solo lo spostamento o peggio l’aggravio del problema. Non c’è risoluzione ma solo procrastinazione. In una visione separativa, d’altronde, è ‘‘normale’’ che null’altro venga messo in discussione…
Le nozioni offerte da questo libro sono un’infarinatura di un argomento molto più ampio e decisamente complesso. Le riflessioni che però scaturiscono nella mente di un profano, durante la lettura, rimangono profonde e intense. Questo libro ti amplia gli orizzonti e ti porta inevitabilmente ad amare la medicina tibetana e la relativa visione olistica! E mentre noi (occidentali) percorriamo strade limitate e artificiose, si scopre che in oriente utilizzano numerose e sorprendenti vie di guarigione, compatibili fra loro, nonostante siano di derivazione differente. Questo libro ti fa amare altresì, l’approccio riservato al paziente, che in qualità di Essere Umano viene considerato un tutt’uno con la Natura e la Vita stessa… giacché egli VITA E’.
Ripartiamo da noi! Smettiamo di consideraci pezzi separati messi insieme all’interno di “un corpo”. Questa falsa credenza non fa altro che: limitare, distorcere e frammentare la visione che abbiamo di noi stessi, e a specchio, la visione che abbiamo del mondo esteriore. In qualità di esseri umani ricordiamoci sempre che siamo un unico insieme inglobato nel Tutto. Cito una frase che i Maestri invisibili costantemente e instancabilmente mi ripetono: “Ogni Essere Umano è un Essere Unico e Irripetibile”. Questa frase ha una potenza tale da spalancarmi le porte del cuore ogni volta che la sento pronunciare! Siamo Esseri Magnificenti troppo spesso considerati e trattati come ciarpame di scarso valore, soprattutto nella malattia e nella sofferenza. E’ doveroso ma soprattutto necessario ripartire da noi! Siamo illimitata armonia nella totalità! Se vogliamo riflettere (all’esterno di noi) interezza e indivisibilità, tali, nel cuore, dobbiamo sentirci.
Naturalmente lettura estremamente consigliata.
Desidero condividere con voi una piccola parte del libro, piccola parte che è tanto Grande nel suo contenuto. La speranza che ripongono in queste righe, tratte dal primo argomento del paragrafo 6, è che questa medicina che momentaneamente è diffusa e praticata in: Tibet, Cina, India, Mongolia, Russia, possa in un futuro imminente essere presa in considerazione e praticata anche da noi, qui, in occidente.
Il comportamento del medico
Gli strumenti
Un medico deve disporre di tutta la strumentazione necessaria. Un medico privo degli strumenti adeguati è come un eroe senza armi: non può andare in battaglia e non può sconfiggere i nemici.
[…] un medico inesperto in questi due campi è come un ladro che entra nella casa di un povero. Per avere successo un ladro deve sapere dove vale la pena rubare, altrimenti lavora inutilmente senza ricavarne alcun profitto. Così nella nostra tradizione pensiamo che un medico debba evitare questi errori.
Riteniamo inoltre che per un dottore la purezza di intenti e di sentimenti sia estremamente importante nella relazione col paziente. Un vero medico, oltre ad avere conoscenza ed esperienza, deve avere la mente pura. Perciò un medico tibetano, sin dal mattino quando si sveglia, si esercita a sentire quanto è importante verso l’illuminazione e lavorare per il beneficio di tutti gli esseri, ed esercita questi sentimenti ogni giorno in modo che la sua attività ne sia permeata. Il bravo medico è consapevole che il malato è in uno stato di disperazione e che il proprio compito è quello di aiutarlo, quindi ricorda sempre a sé stesso: “oggi uscirò e farò qualcosa per alleviare le sofferenze dell’umanità e la disperazione di chi è malato”
[…]
Nella relazione con gli altri dobbiamo essere capaci di entrare in rapporto con le loro esperienze. Quando ci accostiamo a un malato dobbiamo comprendere che non c’è solo la sofferenza fisica, che la condizione di squilibrio coinvolge l’intera persona anche sul piano emotivo, per cui il malato vive in uno stato di sconforto. Essere sempre consapevoli suscita un senso di compassione verso gli altri esseri che è di grande beneficio pure per noi. Il Buddha ha insegnato che i benefici della compassione sono immensi. La compassione dà una forza peculiare che permette di aiutare agli altri e di progredire nel cammino spirituale verso l’illuminazione. Nell’accostarsi a un paziente, bisogna avere alla base questo sentimento di compassione. Partendo da tale sentimento fondamentalmente si entra in azione perché l’agire scaturisce da quella emozione. Così entrano in funzione i ‘quattro incommensurabili’: compassione senza limiti, amore senza limiti, gioia senza limiti, equanimità senza limiti. L’intera sequenza inizia dalla compassione. Per avere compassione bisogna innanzitutto osservare la sofferenza: da questo nasce un moto di amore, una spinta a fare qualcosa per alleviare la sofferenza.
Essere utili e fare del bene agli altri può dare una grande gioia. Noi non dovremmo dividere il mondo in due gruppi di persone, quelle che sentiamo vicine e che ci sono care, e quelle che sentiamo lontane e che non amiamo. Invece di nutrire questo atteggiamento bisogna avere una mente imparziale verso tutti. Un sentimento stabile di compassione dà un senso di pace interiore e tranquillità. Nella relazione con il paziente è importante che il senso di pace interiore si manifesti e venga percepito. Penso che questo valga non solo per i medici, ma per chiunque abbia a che fare con i malati.
[…]
Quando ci avviciniamo al paziente e gli parliamo o lo esaminiamo, è importante che in questa relazione si manifesti il nostro senso di pace e di tranquillità. Questo fa la differenza, perché il paziente acquista fiducia e diventa meglio disposto verso sé stesso e verso il trattamento. Nella nostra cultura, quando parliamo di pace ci riferiamo soprattutto alla compassione. La pace e la tranquillità non consistono nel chiudere gli occhi e le orecchie e nello stare seduti in un luogo tranquillo: questo non ha niente a che fare con il vero senso di quelle parole. Pace e tranquillità vogliono dire compassione.
Relazionarsi col paziente attraverso i quattro incommensurabili rende più efficace anche il trattamento medico. Se il medico ha questo atteggiamento, il paziente lo avverte e lo apprezza, e anche il trattamento ne trae beneficio. Di fronte a un atteggiamento diverso il paziente può irritarsi o turbarsi, e quindi il trattamento può avere meno effetto.
Prima di tutto, dunque, è necessario avere intenzione di agire per il bene degli altri: a questo si fa seguire l’applicazione pratica.
Anima Celeste
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